Salve a tutti da Marghe e Rocco!
Atakpame, Regione degli AltipianiFirmin Koffi, caro amico d'infanzia d'Hubert, ci guida su questa piccola città di cinquantamila abitanti incastrata ed erpicata su sette colline che ne fanno da contorno. Falegname tapezziere che sa fare la beatbox, maestro di catechismo appassionato giocatore di ping pong, personaggio di una trasmissione comica su una radio locale. Conosce moltissime persone nel quartiere, abita con la moglie Charlotte dal sorriso infinito e le due figlie piccole. Sogna di costruire un grande centro plurifunzionale dove ci sia posto per una scuola di falegnameria, una caffetteria associativa, l'agricoltura comunitaria, il catechismo, la trasformazione della manioca e il teatro.
La mattina presto camminiamo con lui sulle colline brulle, talvolta bruciate pesantemente da incendi, appiccati dai cacciatori per far muovere le prede. Sulla sommità manghi e arbusti abbrustoliti, fittissime basse sterpaglie, palme verdi e cespugli che ricrescono faticosamente, un torrentello che fa crescere piccoli banani ed avocadi.
Molto meglio le colline silenziose che il nostro compagno ci porta a vedere. Queste colline senz'acqua ed una vista stupenda.
Bassar, Regione della Kara
Non
abbiamo creduto a Louis quando ci ha detto che la notte è fredda a
Bassar, arrivati in una serata calda di sudore. Eppure nel cuore della
notte è scesa una temperatura inaspettata, ancora non sentita, ricordo
lontano, in una terra dove le persone si scaldano la doccia dell'acqua, e
l'ambiente è a 23 gradi. E' un avviso di deserto; dalle porte del
Burkina Faso, che poi si apre sul Sahara.
Il giorno bollente e secco si apre ai nostri occhi
mostrandoci una terra arida sotto i pochi alberi scampati ai
giganteschi roghi che si stanno mangiando il territorio, insieme a
all'erosione del vento. La roccia madre già esce dal suolo, ormai solo
argilla dura e sabbia, dalle colline con poca vita che si alzano dolci.
Sui versanti del Barbabassar, il monte alle spalle di questa
cittadina lenta ed indaffarata, si alzano la voce di bambini come quelle
di un parco divertimenti da noi, martellate, veicoli, l'agra puzza
degli incendi, scricchiolii di brezza passeggera, la foschia
interminabile del giorno e i suoi confini che sfumano nel nulla, il
giallo arancio, la terra nera e le rocce scure, odori e paesaggi che
ricordano di passaggio l'estate sarda dell'entroterra.
Louis è fiero di mostrarci la scuola dove lavora, i
simpatici colleghi, la biblioteca; sediamo in classe con lui durante le
ore di francese ed inglese. Ha polso, è interattivo ed autoironico,
riesce ad entrare in sintonia con i suoi allievi; l'associazione AVE
collaborò con lui per una corrispondenza di lettere Italia-Togo tra
scuole. E' molto esperto, riesce a tenere la classe senza gridare
nonostante il caos di queste classi africane da 95 alunni, in cui la
differenza d'età tra compagni sembra anche di quattro o cinque anni.
Louis è fiero di portarci alla partita di calcio del
torneo della scuola, che si gioca ogni mercoledì tra le classi. E'
l'evento delle settimana, una folla di ragazzi e ragazze in festa
passano un pomeriggio assieme. Un campo africano d'altronde, con un palo
di legno della luce che lo attraversa nel mezzo, un campo in discesa,
con i sassi e le buche, i giocatori a piedi scalzi, il guardalinee con
la foglia di tek, i professori a bordo campo che fanno commentacci sulla
partita, esultano come ultras, o discutono amenamente di calcio,
problemi della scuola e politica. In mezzo a loro un cronometro
analogico che non funziona.
Quindi i forni; le piccole fonderie in mezzo alla savana,
piccolo e semplice vanto a nord di Bassar, dove una piccola impresa
anni fa produceva il ferro. Prima di spostarsi a Bandjeli, dove si è
ingradita. I "feu de brousse" hanno attentato alle costruzioni fatte per
riparare dall'intemperie questi giganti di terra rossa che spuntano
imponenti come termitai artificiali. Moltissime mosche ci affollano la
faccia, mentre una mandria di mucche cornute del nord ci attraversa il
cammino ed una donna con i bastoni sulla testa secca la manioca sotto il
sole.
La valle dei Tamberma, Kara, Kande, Niamtougou. Regione della Kara.
Il
caso ci porta nella valle dei Tamberma, nel posto più a nord del Togo
da noi visitato, nella terra dove sporadici campi di miglio e sorgo si
frappongono a chilometri di terra desolatamente vuota.
Attraverso un taxi che trasporta 12 persone su 8 posti disponibili, una gallina con le zampe legate, una capra nel bagagliaio e un ragazzo con le infradito seduto sopra il tetto per cinquanta chilometri. Attraverso pause infinitamente lunghe per cambiare veicoli, che non partono fino a quando non sono stracarichi. Attraverso un taxi a noleggio che costa anche troppo, che si deve fermare al passaggio del presidente Faure Gnassingbe che è volato da Lomè a Niamtougou per festeggiare l'anniversario di quello chiamato "l'attentato della Kara". Il padre, il vecchio dittatore, il 24 dicembre 1974 cadeva con il suo jet privato, ma riusciva sopravvivere.
Poco dopo perdiamo la marmitta e ci fermiamo tre quarti d'ora per farla saldare, poi buchiamo un copertone al calar della sera, poi incontriamo un signore che lavora alle poste a Kande ed ha acquistato da mangiare alla sera un grosso bel ratto cacciato nella savana di cui si diverte a toccare i testicoli; poi finiamo ricoperti completamente dalla polvere rossa che si alza da queste strade sterrate, fino a divenire marroni su volti, vestiti, bagagli.
Attraverso un taxi che trasporta 12 persone su 8 posti disponibili, una gallina con le zampe legate, una capra nel bagagliaio e un ragazzo con le infradito seduto sopra il tetto per cinquanta chilometri. Attraverso pause infinitamente lunghe per cambiare veicoli, che non partono fino a quando non sono stracarichi. Attraverso un taxi a noleggio che costa anche troppo, che si deve fermare al passaggio del presidente Faure Gnassingbe che è volato da Lomè a Niamtougou per festeggiare l'anniversario di quello chiamato "l'attentato della Kara". Il padre, il vecchio dittatore, il 24 dicembre 1974 cadeva con il suo jet privato, ma riusciva sopravvivere.
Poco dopo perdiamo la marmitta e ci fermiamo tre quarti d'ora per farla saldare, poi buchiamo un copertone al calar della sera, poi incontriamo un signore che lavora alle poste a Kande ed ha acquistato da mangiare alla sera un grosso bel ratto cacciato nella savana di cui si diverte a toccare i testicoli; poi finiamo ricoperti completamente dalla polvere rossa che si alza da queste strade sterrate, fino a divenire marroni su volti, vestiti, bagagli.
Poi, alla fine arriviamo nella valle di Tamberma e Tata,
patrimonio dell'UNESCO. Per questo compleanno africano di Marghe. Enormi
castelli tondeggianti in terra cruda e pietrisco, seccate al sole ed
intonacate con letame di bue mescolato ad un decotto di corteccia di
neré. Strutture abitative dall'aspetto impressionante, dove le persone
vivono da centinaia di anni, doopo aver vissuto per millenni all'interno
delle cavità di baobab giganteschi. Strutture straordinarie, da
insegnare nelle scuole d'archiettura, in quello che forse di 36 villaggi
della valle è il più disagiato da un turismo spesso va e vieni.
Tassisti scoppiati ed ambigui, due bretoni che
vivono là da diciasette anni ed hanno costruito un albergo in stile
Tamberma, donne con teste d'antilope che si precipitano febbricitanti a
venderci statuette d'argilla nera, e poi Kara, capoluogo della regione.
Kara, dove il custode dell'albergo gestito dalle suore, nel quale
dormiamo, ci dice che qua non c'è niente di interessante da vedere. In
questa cittadina senza centro, senza punti di riferimento, con le
moltissime bancarelle di un mercato permanente e caotico, con il palazzo
dei congressi estremamente grande ed estramente brutto voluto dal
presidente, con la grande stazione dei pompieri e il reggimento
nazionali dei paracudisti chiamati i berretti rossi, con il monte Kabye
alle spalle lontano, con la strada principale che l'attraversa nel mezzo
tra camion lentissimi veramente stracolmi d'impossibile e sciami
interminabili di motorette che si infilano in ogni buco di traffico. E
poi il silenzioso cortile eternamente in pausa, dove si passeggia, si
canticchia e qualcuno fa il bucato.
Un bus, pulito, efficace, professionale, puntuale, in
sette ore ci riporta a Lome, a Sud, su una Route Internationale
ripercorsa dolcemente al contrario. Fino ad Assahoun, dove le persone
del villaggio attendevano il nostro ritorno.
A presto!!!
Marghe e Rocco
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