sabato 1 febbraio 2014

Sur la route internationale, istantanee dal Nord del Togo

Salve a tutti da Marghe e Rocco!
Atakpame, Regione degli Altipiani
Firmin Koffi, caro amico d'infanzia d'Hubert, ci guida su questa piccola città di cinquantamila abitanti incastrata ed erpicata su sette colline che ne fanno da contorno. Falegname tapezziere che sa fare la beatbox, maestro di catechismo appassionato giocatore di ping pong, personaggio di una trasmissione comica su una radio locale.  Conosce moltissime persone nel quartiere, abita con la moglie Charlotte dal sorriso infinito e le due figlie piccole. Sogna di costruire un grande centro plurifunzionale dove ci sia posto per una scuola di falegnameria, una caffetteria associativa, l'agricoltura comunitaria, il catechismo, la trasformazione della manioca e il teatro.
La mattina presto camminiamo con lui sulle colline brulle, talvolta bruciate pesantemente da incendi, appiccati dai cacciatori per far muovere le prede. Sulla sommità manghi e arbusti abbrustoliti, fittissime basse sterpaglie, palme verdi e cespugli che ricrescono faticosamente, un torrentello che fa crescere piccoli banani ed avocadi.
Un signore cupo attraversa il nostro sentiero, sta andando ad attaccare un feticcio nella brousse. Un gruppo di gioviali produttori di sodabi, il celebre superalcolico togolese, si riposa sotto un grande mango chiaccherando e bevendo vino di palma a quaranta gradi. Distillano in un grande alambicco autocostruito con bidoni arruginiti e un tubo di ferro piegato, passano buoni cinque minuti a discutere se hanno mai visto un corvo. Ci spiegano come funziona il lento sistema di raccolta dalle palme tagliate, sono un'officina itinerante, un piccolo circo, si fermano dove gli agricoltori li chiamano.
Ci fermiamo allo stadio della città, dove la formazione locale sta giocando nientemeno che contro il Danyi, il villaggio d'origine di Laurent! Ci sediamo sugli spalti gremiti da tantissima gente, che arriva a sedersi fino a bordo campo, mentre i bambini organizzano una partita di pallone dietro la porta della squadra in trasferta. Passa in vantaggio il Danyi, sotto la pioggia di malcontento del pubblico.
Notte in convento dalle suore di Nazareth, dove mangiamo la nostra tapioca con cipolle e carote, affianco ad un gruppo di italiani. Ad un gruppo di italiani provenienti da Parma e Fidenza! Ad un gruppo di italiani con gli spaghetti al pomodoro, parmigiano, salame, risotti leofilizzati, cabernet sauvignon, la birra.
Molto meglio le colline silenziose che il nostro compagno ci porta a vedere. Queste colline senz'acqua ed una vista stupenda.

Bassar, Regione della Kara
Non abbiamo creduto a Louis quando ci ha detto che la notte è fredda a Bassar, arrivati in una serata calda di sudore. Eppure nel cuore della notte è scesa una temperatura inaspettata, ancora non sentita, ricordo lontano, in una terra dove le persone si scaldano la doccia dell'acqua, e l'ambiente è a 23 gradi. E' un avviso di deserto; dalle porte del Burkina Faso, che poi si apre sul Sahara.
Il giorno bollente e secco si apre ai nostri occhi mostrandoci una terra arida  sotto i pochi alberi scampati ai giganteschi roghi che si stanno mangiando il territorio, insieme a all'erosione del vento. La roccia madre già esce dal suolo, ormai solo argilla dura e sabbia, dalle colline con poca vita che si alzano dolci.
Sui versanti del Barbabassar, il monte alle spalle di questa cittadina lenta ed indaffarata, si alzano la voce di bambini come quelle di un parco divertimenti da noi, martellate, veicoli, l'agra puzza degli incendi, scricchiolii di brezza passeggera, la foschia interminabile del giorno e i suoi confini che sfumano nel nulla, il giallo arancio, la terra nera e le rocce scure, odori e paesaggi che ricordano di passaggio l'estate sarda dell'entroterra.
Louis è fiero di mostrarci la scuola dove lavora, i simpatici colleghi, la biblioteca; sediamo in classe con lui durante le ore di francese ed inglese. Ha polso, è interattivo ed autoironico, riesce ad entrare in sintonia con i suoi allievi; l'associazione AVE collaborò con lui per una corrispondenza di lettere Italia-Togo tra scuole. E' molto esperto, riesce a tenere la classe senza gridare nonostante il caos di queste classi africane da 95 alunni, in cui la differenza d'età tra compagni sembra anche di quattro o cinque anni.
Louis è fiero di portarci alla partita di calcio del torneo della scuola, che si gioca ogni mercoledì tra le classi. E' l'evento delle settimana, una folla di ragazzi e ragazze in festa passano un pomeriggio assieme. Un campo africano d'altronde, con un palo di legno della luce che lo attraversa nel mezzo, un campo in discesa, con i sassi e le buche, i giocatori a piedi scalzi, il guardalinee con la foglia di tek, i professori a bordo campo che fanno commentacci sulla partita, esultano come ultras, o discutono amenamente di calcio, problemi della scuola e politica. In mezzo a loro un cronometro analogico che non funziona.
Quindi i forni; le piccole fonderie in mezzo alla savana, piccolo e semplice vanto a nord di Bassar, dove una piccola impresa anni fa produceva il ferro. Prima di spostarsi a Bandjeli, dove si è ingradita. I "feu de brousse" hanno attentato alle costruzioni fatte per riparare dall'intemperie questi giganti di terra rossa che spuntano imponenti come termitai artificiali. Moltissime mosche ci affollano la faccia, mentre una mandria di mucche cornute del nord ci attraversa il cammino ed una donna con i bastoni sulla testa secca la manioca sotto il sole.

La valle dei Tamberma, Kara, Kande, Niamtougou. Regione della Kara.
Il caso ci porta nella valle dei Tamberma, nel posto più a nord del Togo da noi visitato, nella terra dove sporadici campi di miglio e sorgo si frappongono a chilometri di terra desolatamente vuota.
Attraverso un taxi che trasporta 12 persone su 8 posti disponibili, una gallina con le zampe legate, una capra nel bagagliaio e un ragazzo con le infradito seduto sopra il tetto per cinquanta chilometri. Attraverso pause infinitamente lunghe per cambiare veicoli, che non partono fino a quando non sono stracarichi. Attraverso un taxi a noleggio che costa anche troppo, che si deve fermare al passaggio del presidente Faure Gnassingbe che è volato da Lomè a Niamtougou per festeggiare l'anniversario di quello chiamato "l'attentato della Kara". Il padre, il vecchio dittatore, il 24 dicembre 1974 cadeva con il suo jet privato, ma riusciva sopravvivere.
Poco dopo perdiamo la marmitta e ci fermiamo tre quarti d'ora per farla saldare, poi buchiamo un copertone al calar della sera, poi incontriamo un signore che lavora alle poste a Kande ed ha acquistato da mangiare alla sera un grosso bel ratto cacciato nella savana di cui si diverte a toccare i testicoli; poi finiamo ricoperti completamente dalla polvere rossa che si alza da queste strade sterrate, fino a divenire marroni su volti, vestiti, bagagli.
Poi, alla fine arriviamo nella valle di Tamberma e Tata, patrimonio dell'UNESCO. Per questo compleanno africano di Marghe. Enormi castelli tondeggianti in terra cruda e pietrisco, seccate al sole ed intonacate con letame di bue mescolato ad un decotto di corteccia di neré. Strutture abitative dall'aspetto impressionante, dove le persone vivono da centinaia di anni, doopo aver vissuto per millenni all'interno delle cavità di baobab giganteschi. Strutture straordinarie, da insegnare nelle scuole d'archiettura, in quello che forse di 36 villaggi della valle è il più disagiato da un turismo spesso va e vieni. 
Tassisti scoppiati ed ambigui, due bretoni che vivono là da diciasette anni ed hanno costruito un albergo in stile Tamberma, donne con teste d'antilope che si precipitano febbricitanti a venderci statuette d'argilla nera, e poi Kara, capoluogo della regione. Kara, dove il custode dell'albergo gestito dalle suore, nel quale dormiamo, ci dice che qua non c'è niente di interessante da vedere. In questa cittadina senza centro, senza punti di riferimento, con le moltissime bancarelle di un mercato permanente e caotico, con il palazzo dei congressi estremamente grande ed estramente brutto voluto dal presidente, con la grande stazione dei pompieri e il reggimento nazionali dei paracudisti chiamati i berretti rossi, con il monte Kabye alle spalle lontano, con la strada principale che l'attraversa nel mezzo tra camion lentissimi veramente stracolmi d'impossibile e sciami interminabili di motorette che si infilano in ogni buco di traffico. E poi il silenzioso cortile eternamente in pausa, dove si passeggia, si canticchia e qualcuno fa il bucato.
Un bus, pulito, efficace, professionale, puntuale, in sette ore ci riporta a Lome, a Sud, su una Route Internationale ripercorsa dolcemente al contrario. Fino ad Assahoun, dove le persone del villaggio attendevano il nostro ritorno. 

A presto!!!
Marghe e Rocco

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